Il progetto espositivo, con la curatela di Federica Bolpagni, Lisa Cervigni e Anna Lisa Ghirardi, approfondisce uno dei temi maggiormente cari alla Città di Salò. Il pianoforte appartenuto al compositore e organista salodiano Marco Enrico Bossi (1861-1925), stabilmente esposto al MuSa, è il perno attorno al quale s’irradiano le sette tele che compongono l’esposizione, realizzate da Angelo Landi (1879–1944), Anselmo Bucci (1887–1955), Cesare Monti (1891–1959) ed Emilio Rizzi (1881–1952). Con un allestimento sinestetico – che alla visione integra suggestioni uditive – un impianto di diffusione permette ai visitatori di ascoltare brani ascrivibili a generi musicali diversi, coevi al periodo storico delle tele, selezionati da Roberto Codazzi, curatore della sezione Liuteria del MuSa.
Nel grande Ritratto di Luciana Pantaleo (1920 ca.), Angelo Landi ritrae la contessa a lui legata sentimentalmente per un lungo periodo di tempo, fino alla sua morte, nonostante egli fosse già sposato. L’amata è protagonista di numerose altre opere del pittore. Il contesto rappresentato è una serata mondana in uno dei luoghi più eleganti di Milano: la Galleria Vittorio Emanuele, della quale si intravede lo scorcio verso piazza della Scala, dove è possibile che l’artista avesse il suo studio. La donna, elegantissima e sensuale nel suo abito da sera, è ritratta in un momento di attesa prima o dopo un evento mondano, forse proprio al Teatro alla Scala. Un paio di guanti bianchi e un cappello a cilindro, posti ai piedi della donna, suggeriscono una presenza maschile, probabilmente l’artista stesso. Tutto, compresa la coppa di champagne, denota uno stile di vita estremamente raffinato, tipico dell’aristocrazia degli anni Venti, di cui sia lei che l’artista fanno parte.
Di Landi sono inoltre esposte Violinista (1925 ca) e Duetto al pianoforte (s.d) nelle quali si trovano raffigurati personaggi intenti nell’atto di suonare. La pennellata è degna degli esiti vibranti ora dell’Espressionismo di matrice tedesca, ora della Scapigliatura lombarda, quasi il suono emesso dagli strumenti riverberasse all’interno dell’ambiente domestico.
In Odeon (1919-1920), una delle opere più significative dell’artista, Anselmo Bucci raffigura sé stesso in compagnia di amici ad uno spettacolo al teatro dell’Odéon di Parigi. Nella capitale francese giunse nel 1906, soggiornandovi quasi ininterrottamente fino allo scoppio del primo conflitto mondiale. In primo piano appare il pittore Leonardo Dudreville con il figlio Giacomino, attorno a lui le amiche e modelle Yvonne (a sinistra), Rorò, con un grande cappello con fiocco, e la sorridente Sissi (a destra). Dietro, con un copricapo blu, Elena Fambri, futura direttrice dell’Istituto Fascista di Medicina Sociale, con la quale Bucci ebbe una relazione. Sempre sulla destra, con occhiali e barba, l’amico pittore Adulaire, con cui condivise per un periodo l’abitazione parigina, e dietro ad egli, in piedi, la figlia di Juliette Maré, sua compagna per un decennio. A sinistra di Yvonne c’è lo scultore Enrico Mazzolani e al suo lato Bucci stesso, dipinto da Dudreville. Dopo la fine della guerra Bucci fece ritorno a Parigi, dove mantenne lo studio fino al 1935 e intrattenne rapporti con artisti come Modigliani, Severini, Picasso, Dufy, Utrillo, Suzanne Valadon e il gruppo di Montmartre; il suo lavoro è apprezzato anche dal poeta Apollinaire.
Lo Studio per “Il violoncellista Crepax” di Anselmo Bucci, costituisce la fase preparatoria del ritratto di Gilberto Crepax (1890–1970) che raffigura il musicista a figura intera. Lo studio si distingue per l’intensità con cui il musicista è colto nell’atto di suonare in un intenso dialogo con lo strumento. Padre del fumettista Guido Crepax e del discografico Franco, nel 1904 Gilberto Crepax è scritturato come secondo violoncello al teatro Rossini di Venezia, dove si diploma nel 1909. La partecipazione alla guerra in Libia e al primo conflitto mondiale lo distoglie dalla carriera professionale, ma Arturo Toscanini lo coinvolge nei concerti per le truppe e nel 1921 lo impegna nella tournée della Scala negli Stati Uniti. Crepax è autore di elaborazioni e revisioni di musiche per violoncello di brani di Boccherini, Beethoven e Brahms e incide alcune matrici per la Columbia. Durante la Seconda guerra si esibisce con l’orchestra de La Fenice e alla fine del conflitto con l’orchestra della Scala, dove suona fino a raggiunti limiti di età.
Completano l’esposizione i ritratti Donna con mandolino (1930 [?]) e Il violinista (ante 1928), rispettivamente di Cesare Monti ed Emilio Rizzi. Ben oltre la presenza di strumenti musicali all’interno della composizione, le due opere appaiono accomunate dalla grande intensità espressiva dei soggetti ritratti, il cui sguardo assorto e concentrato pare essere rivolto oltre i confini della tela, mentre i corpi sono investiti da una luce meridiana che filtra da destra verso sinistra.
Il Pianoforte M. Schott, realizzato a Vienna nel 1860 circa, è appartenuto a Marco Enrico Bossi, compositore e organista salodiano di fama internazionale e discendente da una dinastia di musicisti attivi nel territorio lombardo a partire dal XVIII secolo. Insignito delle più alte onorificenze e aggregato ad honorem alle più prestigiose accademie europee, Bossi ebbe la stima e l’amicizia di grandi compositori e letterati, tra i quali Gabriele d’Annunzio. Lo strumento, con il quale compose alcuni dei suoi capolavori più noti, è stato recuperato e restaurato dal Maestro Andrea Macinanti, che generosamente lo ha concesso nel 2023 in comodato al MuSa. Viene suonato da musicisti contemporanei in occasione di eventi dedicati al celebre compositore e alla musica di periodo. Nuova Musica al MuSa è la tappa preliminare di un ciclo di mostre con opere provenienti da una prestigiosa raccolta privata bresciana. Da Maggio 2024: Dallo splendore alle incertezze 1910 – 1950. Storie da una collezione privata; a Settembre 2024 riflettori puntati su un artista di fama internazionale.